Gastroenterologia, il primario dell'ospedale dell'Angelo, Alessandro Caroli
Gastroenterologia, il primario dell'ospedale dell'Angelo, Alessandro Caroli

Quarant’anni specialista dell’apparato digerente. Di cui dieci, gli ultimi della sua carriera, alla guida della Gastroenterologia di Mestre e Venezia. Oggi il dottor Alessandro Caroli va in pensione.

Le dichiarazioni del DG Contato

“Per l’Ulss 3 Serenissima è una grossa perdita in termini umani e professionali – lo saluta il direttore generale dell’azienda sanitaria veneziana Edgardo Contato -. È stato un primario simbolo del nostro ospedale, che ha saputo con costanza e profonda esperienza forgiare e rafforzare la sua équipe medica. Auguro a questo prezioso collega di godere ora di tutti i frutti conquistati nel corso della sua lunga carriera”.

Il dottor Alessandro Caroli

Il dottor Caroli, classe ‘55, trevigiano, si è laureato con lode a Padova. Si è specializzato in medicina interna e gastroenterologia e ha ottenuto un master in epatologia.  La sua esperienza di medico ospedaliero nasce all’ospedale di Montebelluna, dove ha lavorato come medico internista, dedicandosi anche all’attività specialistica gastroenterologica. Prima di approdare all’ospedale hub dell’Angelo, per 15 anni ha prestato servizio all’ospedale di Treviso, contribuendo all’avvio del reparto di degenze di Gastroenterologia.

I risultati a Mestre

Nei dieci anni a capo della Gastroenterologia mestrina è riuscito a ridurre, a beneficio dei pazienti, la degenza media del reparto, ad incrementare l’attività endoscopica e a sviluppare e diversificare l’attività ambulatoriale dedicata alla gestione delle malattie dell’apparato digerente.

I consigli alle nuove leve

“Il mio percorso nasce da una base internistica, e questo è molto importante per me – racconta il primario uscente -, perché ho sempre puntato prima di tutto sull’aspetto clinico della nostra professione. I giovani specialisti stravedono per l’attività endoscopica, e questo è un bene, ma non bisogna mai perdere di vista il fatto che la clinica è la madre di tutto. Dare molto peso alla clinica è una qualità dei bravi medici della mia generazione, non deve essere dimenticata dalle nuove leve. Oggi, con la super specializzazione, si rischia di perdere la capacità di guardare al paziente nel suo complesso. L’approccio deve essere olistico: non bisogna occuparsi solo di un problema, non bisogna solo guardare una ‘porzione di stomaco’, bisogna vedere il paziente nella sua complessità per riuscire a curarlo nel migliore dei modi. Quindi, se posso dare un consiglio a chi si avvicina a questa professione, è quello di rendersi conto di quanto sia fondamentale che un percorso specialistico passi dal generale al particolare, e non si concentri subito e solo sul singolo organo del corpo umano. Mai perdere la visione globale. Perché il paziente non è solo un organo: è un essere umano con una moltitudine di apparati, e va osservato e curato valutandolo nel suo complesso”.