L’intelligenza artificiale si sta rivelando molto utile nel predire l’insorgenza di determinate malattie che, affrontate per tempo, possono evolvere in maniera più lenta e garantire una migliore qualità della vita.

È il caso, ad esempio, del morbo di Alzheimer, per il quale di fatto ad oggi non esiste ancora una cura.

Alzheimer, il ruolo dell’intelligenza artificiale

Già da alcuni anni gli scienziati stanno conducendo degli studi atti ad individuare il ruolo dell’intelligenza artificiale nel predire il possibile sviluppo del morbo di Alzheimer, con risultati decisamente molto interessanti.

Ora un team di esperti dell’Università di Chieti sembra aver individuato un’ulteriore conferma dell’importanza di tale tecnologia nella diagnosi di tale patologia neurodegenerativa.

Entrando nel dettaglio, i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo in grado di analizzare centinaia di dati relativi a persone affette da demenza, presenti nel database internazionale dell’Alzheimer Disease Neuroimagining Initiative (ADNI). Studiando risonanze magnetiche cerebrali, dati neuropsicologici, liquorali ed ematici, l’intelligenza artificiale ha individuato determinati fattori di rischio che sembrano poter predire l’insorgenza del morbo di Alzheimer.

I risultati dello studio

Successivamente, l’algoritmo ha analizzato gli stessi indici su un campione di persone che presentavano segnali di decadimento cognitivo lieve. Questa condizione, nota anche come Mild Cognitive Impairment, rappresenta di fatto la fase intermedia tra la piena salute cerebrale e l’esordio della demenza: non tutti coloro che ne soffrono, tuttavia, sono destinati a sviluppare l’Alzheimer.

Dallo studio è emerso come l’intelligenza artificiale in alcuni casi possa individuare, tra i soggetti in questione, chi incorrerà nella malattia. Lo studio pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease, dunque, apre nuove strade interessanti: potrebbe rivelarsi utile per fornire informazioni aggiuntive sui fattori di rischio della malattia, ma anche anticipare le cure nei soggetti che sono predisposti a sviluppare l’Alzheimer, rallentandone l’evoluzione.