La manipolazione emotiva sfrutta debolezze e sensi di colpa. È la tattica preferita da chi tende all’egoismo e alla prevaricazione o da chi in un rapporto alimenta il proprio ego attraverso l’influenza esercitata sugli altri.

Può trattarsi di un atteggiamento deliberato, ma non sempre chi lo mette in atto è del tutto consapevole di quanto sia controproducente e disfunzionale.

Manipolazione emotiva: i tratti distintivi

Tendenzialmente i manipolatori emotivi ricorrono al ricatto perché di fatto non sono in grado di essere assertivi. Rigidi, infelici e profondamente insicuri, soffrono di bassa autostima e hanno la tendenza a giudicare pesantemente gli altri.

Sono soggetti molto esigenti e hanno bisogno di avere sempre ragione: la loro bassa tolleranza alla frustrazione li porta a reagire con rabbia, ricorrendo a critiche distruttive o persino a slanci di violenza.

Allo stesso tempo sono ottimi osservatori e possiedono grandi capacità oratorie, grazie alle quali influenzano e convincono, riuscendo a ribaltare le situazioni a loro vantaggio. In particolare, sono molto bravi a rilevare le debolezze degli altri e sfruttarle: lentamente erodono l’autostima, il rispetto e l’accettazione di sé dell’altra persona, rendendola insicura, triste e insoddisfatta.

Come difendersi

La prima linea di difesa contro la manipolazione emotiva è la consapevolezza di avere dei diritti fondamentali che nessuno può calpestare (come, ad esempio, quello di esprimere i propri sentimenti, opinioni e idee e di essere trattati con rispetto).

Se si ritiene che questi diritti non vengano rispettati, è opportuno cercare di mantenere le distanze: prendere tempo aiuta, perché la pressione che esercitano tali soggetti è un modo per mettere l’altro con le spalle al muro.

Una volta presa una decisione, è importante dimostrarsi risoluti e consapevoli. Così come lasciare andare i sensi di colpa e lavorare sull’autostima, magari con l’aiuto di un percorso terapeutico.