“Siamo di fronte a dati che dimostrano come l’occupazione in Veneto si stia riallineando ai livelli pre-pandemia. Il bilancio complessivo annuale è superiore a quello del 2019 e la forbice della domanda di lavoro si sta restringendo, anche se il numero complessivo di assunzioni rimane inferiore (-11% sul 2019) e cresce il numero delle dimissioni. Fenomeno questo che dimostra la volontà di molti lavoratori di cercare migliori opportunità lavorative. E su questo aspetto dobbiamo intervenire, rafforzando politiche del lavoro che offrano strumenti adeguati ai lavoratori stessi”.
Così Elena Donazzan, Assessore regionale al Lavoro, commenta i dati sull’occupazione in Veneto relativi al mese di ottobre pubblicati oggi sulla Bussola di Veneto Lavoro.
I dati indicato che nell’ultimo mese le assunzioni sono state 51.000 contro le 47.000 di due anni fa e la perdita di posti di lavoro, fisiologica in questo periodo dell’anno per la chiusura dei contratti a tempo determinato stagionali, è più contenuta. Per la prima volta anche il bilancio occupazionale dell’intero 2021 supera quello del 2019, con 52.600 posizioni di lavoro dipendente guadagnate da inizio anno, ma il numero complessivo delle assunzioni resta più basso (-11%), soprattutto a causa dell’andamento dei primi mesi dell’anno.
Anche in Veneto si osserva un incremento delle dimissioni, cresciute rispetto al 2019 del 5% e dell’11% considerando solo quelle da contratto a tempo indeterminato non avvenute durante il periodo di prova. La crescita è stata molto forte nel comparto della sanità e del sociale (+44%), nel metalmeccanico e nell’edilizia (+16%), mentre nel turismo, nel commercio e nei servizi finanziari, tra i comparti più colpiti dagli effetti della pandemia, le dimissioni sono invece diminuite. Infermieri, tecnici informatici e statistici e autisti di mezzi pesanti sono le professioni che più facilmente si ricollocano sul mercato del lavoro dopo aver dato le dimissioni e nella maggior parte dei casi nello stesso settore.
“La crescita delle dimissioni è particolarmente elevata in settori che sono stati più impegnati e coinvolti nel periodo della pandemia: dai servizi sanitari e sociali al metalmeccanico e costruzioni, dove i lavoratori dimessi trovano spesso e presto un altro lavoro – commenta ancora Elena Donazzan -. Più che un distacco dal lavoro ciò indica la volontà di ricercare opportunità migliori. È un segnale di riattivazione della mobilità dei lavoratori. Elementi questi che ci dicono che va proseguita la strada di investire su politiche di accompagnamento e orientamento al lavoro e dei lavoratori”.
La Bussola di novembre contiene anche i primi dati sugli effetti dello sblocco pressoché definitivo dei licenziamenti, di nuovo possibili da inizio mese per tutte le imprese, al netto dei residui periodi di copertura garantiti dalla cassa integrazione. Anche in questo caso, come già era avvenuto a luglio, non si registrano picchi anomali, ma anzi una diminuzione rispetto ai livelli registrati nel 2019. Tra il 31 ottobre e l’8 novembre le aziende che potevano accedere alla cassa integrazione in deroga hanno effettuato 583 licenziamenti rispetto agli 862 del 2019, mentre le aziende della moda, interessate nei mesi scorsi da una diversa normativa, ne hanno effettuati 20 contro i 42 di due anni fa.