Il Piave è un fiume bellissimo che scorre nei territori del Veneto e che regala scorci meravigliosi e ambienti salubri di cui i cittadini hanno bisogno. Ma come ogni forza naturale, se non controllata, può diventare una minaccia per tutto ciò che gli è stato costruito intorno e per l’uomo. Il ricordo del fortissimo alluvione del 1966 si fa sentire dolorosamente in quei territori dove il fiume ha dimostrato la sua furia e la sua potenza.[s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)] Da quel momento ad oggi molto si è discusso, studiato, progettato ma molto poco si è fatto o cambiato.

Già a partire dagli anni 60 si era cominciato a sentir parlare del progetto della diga che avrebbe dovuto avere una capacità di 90 milioni di metri cubi per ridurre il rischio alluvione nel territorio. Tale diga avrebbe dovuto essere costruita a Falzè ma le polemiche arrivarono tempestive e durante gli anni 80 al piano vennero apportate delle modifiche per le quali la diga avrebbe dovuto contenere 60 milioni di metri cubi d’acqua. Tutto ciò finì per arenarsi negli anni 90 e della diga, o del progetto per ridurre i rischi territoriali, non se ne fece nulla anche se continuò a far discutere.

Oggi le cose sembrano muoversi in una direzione diversa, un nuovo piano è stato portato alla luce le prime settimane di luglio sui giornali locali. Un progetto a minor impatto ambientale, a detta della Regione, per mettere in sicurezza la popolazione è stato studiato in collaborazione con l’Università di Padova ed è stato consegnato al governo. Lo studio è stato richiesto anche all’ingegnere idraulico Luigi D’Alpaos di Belluno e prevede un piano di opere di collegamento sistematico per le acque del Piave.

Lo studio prevede due bacini di laminazione e una possibile diga a Falzè, il tutto con una spesa di circa 60 milioni di euro. Se entriamo nello specifico è possibile descrivere il progetto partendo da monte e quindi dalla cassa di espansione, che dovrebbe contenere dai 35 ai 45 milioni di metri cubi d’acqua, a Grave di Ciano; a seguire la diga a Falzè con una capacità ridotta, rispetto alle idee precedenti, a 40 milioni di metri cubi e infine si arriva al bacino di laminazione a Spresiano con cassa d’espansione di 10 milioni di metri cubi. In tal modo si avrebbero tre opere in grado di assorbire un totale di 100 milioni di metri cubi d’acqua dove all’interno del sistema di bacini il materiale prelevato verrebbe utilizzato per le nuove sponde e l’impatto ambientale dovrebbe risultare minimo.

Il progetto di messa in sicurezza del territorio arriva un po’ in ritardo visto che negli ultimi 50 anni si è fatto ben poco di concreto e soprattutto dopo il 1966 si è continuato a costruire in zone ad alto rischio alluvione aumentando il pericolo per i cittadini. Inoltre, principalmente nel 2012, le voci di alcuni si sono fatte sentire e si sono unite in un Comitato Anti Diga a cui non era andato giù il possibile piano della diga a Falzè, causa il forte impatto sull’ambientale conseguente all’opera. Ora i cittadini si trovano nuovamente spiazzati a sentirne parlare dopo quattro anni di calma piatta.

Il piano dei bacini collocati in zone diverse del fiume Piave è una proposta avanzata dalla Regione Veneto al governo, rimane da valutare come reagiranno i cittadini e i sindaci a tale progetto. In ogni caso risulta chiaro che il rischio alluvioni c’è e non deve venire sottovalutato, un piano che mitighi tale pericolo sembra necessario ma le tempistiche per ora sono un altro punto di domanda da aggiungere al progetto.

Erika Marchi

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