La Sindrome di Reye è una patologia che causa danni a livello cerebrale e al fegato, ovvero infiltrazioni adipose nei tessuti, appiattimento dei solchi che segnano la corteccia cerebrale e un anomalo gonfiore delle fibre nervose che collegano l’encefalo al midollo.

Tale sindrome può insorgere a pochi mesi di vita, ma il rischio di contrarla di fatto si può estendere fino ai 17-20 anni.

Sindrome di Reye: cause e sintomi

Sebbene non si conoscano con esattezza le cause certe alla base della Sindrome di Reye, alcuni studi statunitensi hanno rintracciato una correlazione tra l’assunzione del principio attivo dell’aspirina e il manifestarsi della malattia. Questa ipotesi, tuttavia, presenta ancora dei margini di incertezza e, pertanto, la questione appare molto dibattuta.

La sintomatologia è abbastanza eterogenea e comporta una serie di disturbi che tendono ad aggravarsi nel tempo. È il caso, ad esempio di: vomito, irritabilità, sonnolenza, movimenti inconsulti delle braccia e delle gambe, convulsioni, problemi alla vista e all’udito, difficoltà ad articolare le parole, paralisi e-nei casi più seri- coma.

Tuttavia, in presenza di danni cerebrali, si possono riscontrare anche lesioni ai nervi, alterazioni di carattere motorio o ritardo mentale.

Terapia e cura

Ad oggi non esiste un protocollo specifico strutturato per la cura della Sindrome di Reye. Tuttavia, è importante giungere ad una diagnosi precoce onde evitare possibili complicazioni.

I pazienti, infatti, devono essere ricoverati in strutture apposite, così da poter effettuare tempestivamente eventuali trattamenti utili ad evitare l’aggravarsi della patologia. Come, ad esempio, il monitoraggio e il mantenimento della pressione intracranica, ma anche la possibile somministrazione di sali, glucosio e vitamina K o- qualora si renda necessaria- l’intubazione con ventilazione assistita e l’emodialisi.