Per Veneto Banca la crisi continua e si cambia, ancora: Stefano Ambrosini adesso è il nuovo presidente. La sua lista ha battuto quella di Pierluigi Bolla, con quasi il 58% dei voti. È la vittoria delle associazioni degli azionisti guidate da Giovanni Schiavon e Matteo Cavalcante, sostenitrici del ribaltone. Bolla resterà nel cda, così come Cristiano Carrus che sarà direttore generale, unico tratto di continuità imposto dalla Bce. Il verdetto arriva dopo nove ore di un’assemblea estenuante, affollata da 6 mila persone e combattuta su tutto, da subito.

L’assemblea
Una lotta nel fango: quello gettato in questi ultimi giorni, tesissimi. Alla vigilia dell’assemblea Bolla aveva attaccato frontalmente gli avversari, mettendo in piazza i debiti per quasi un miliardo di euro dei soci sostenitori della lista di Ambrosini. Il vincitore ribatte dicendo «sarò il presidente di tutti» ma su questo punto un sassolino se lo toglie, eccome: «L’attacco di Bolla è stato inelegante, inopportuno. Ma c’è stato il proverbiale effetto boomerang». Le strategie elettorali sono state chiare: la lista del cda uscente ha scelto di attaccare Vincenzo Consoli (il dissesto dei conti è opera sua, il succo), e di sostenere che la nuova lista è in qualche modo vicina a lui. I rivali hanno specchiato le accuse al mittente e hanno chiesto ai soci un voto di vero cambiamento. Probabile che il disastro vicentino degli ultimi giorni abbia giocato a loro favore: gli azionisti di Veneto Banca hanno scelto di tentare la soluzione drastica per evitare la stessa fine. Cosa ci può essere di peggio di vedere le proprie azioni precipitare a dieci centesimi di euro? Tanto vale tentare il binario straordinario.

Le opinioni
Ambrosini ha giocato tutto sul suo alto profilo: una carriera da uomo delle emergenze, delle mission impossible. Eccone un’altra, forse. Ma forse no, perché qui «non esiste una sindrome Vicenza». Giovanni Schiavon, omologo dell’associazione dei piccoli azionisti, è esausto ma cammina a dieci centimetri da terra: «È una vittoria per gli azionisti, noi lavoreremo per loro. Non fateci le congratulazioni, fateci gli auguri». Serviranno, visti i numeri. Li ha snocciolati Carrus prima dell’approvazione del bilancio 2015 (78% di «sì»), sempre con quel filo conduttore: è colpa di Consoli, lasciateci lavorare per rimediare. «A fine 2014 il livello dei costi di Veneto Banca era ben al di sopra della media nazionale, la copertura dei crediti dubbi più bassa, la qualità del portafoglio crediti peggiore», ha detto l’amministratore delegato uscente parlando di un peccato originale che oggi si traduce «in oltre sette miliardi di euro di crediti deteriorati. «Questa banca rischiava di morire per una gravissima broncopolmonite, ma qui continuavano a dirvi che si trattava di un raffreddore». Anche lavoratori e sindacati, restando in metafora, si erano schierati con lo status quo: «Qui c’è un cda che sta curando un malato, e sembra che le colpe della malattia siano sue». È quello che hanno pensato i soci.

Gian Nicola Pittalis

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