VENEZIA 28/05/21 - Calcio serie B Venezia, finale di ritorno Playoff, Venezia-Cittadella 1-1. premiazione vincitore finale. Marco Modolo alla fine della partita ©Andrea Pattaro/Vision

Oggi Marco Modolo, difensore del Venezia FC, ha incontrato la stampa in videoconferenza. Ecco le sue dichiarazioni.
Per prima cosa Marco: come stai dal punto di vista fisico? E che cosa si prova a tornare in campo dopo tanto tempo, di fronte a quella cornice di pubblico, in quella partita così importante e sentirsi urlare “c’è solo un capitano” da tutta la tifoseria?
“Fisicamente sto bene, da due settimane. Ho avuto dei problemi in ritiro, con uno stiramento, poi ho avuto un contrasto di gioco con un infortunio per il quale sono dovuto stare fermo 10 giorni, per curare il ginocchio. Dopodiché  stavo riprendendo bene, ma ho avuto una settimana di influenza pesante. Ma sono circa 20 giorni, quasi un mese ormai che lavoro bene. Quanto al fatto di tornare a giocare con lo stadio pieno, è stato davvero molto, molto bello. Ringrazio molto i tifosi perché mi hanno dimostrato che, anche se in questo lasso di tempo, in questi cinque mesi in cui non ho giocato, comunque mi hanno sempre supportato e incitato a lavorare al meglio. In questo modo sentivo, dentro di me, che prima o poi il momento giusto sarebbe arrivato”.
Come commenti il gesto di Pietro Ceccaroni, quando ti stava dando la fascia di capitano quando sei entrato in campo? Certo non si poteva, però riteniamo che sia stato un segnale molto forte, per quello che rappresenti tu, per la squadra, in quel momento. Inoltre: che effetto fa passare dai campi di serie D al tutto esaurito del Penzo in Serie A? Ricordi qualche campo che ti ha “impressionato” particolarmente in serie D?
“Innanzitutto devo dire un grande grazie a Pietro, perché ha fatto un gesto bellissimo, anche se, appunto, non si poteva fare, se quand’anche fosse stato possibile, gliel’avrei lasciata la fascia, perché è giusto che la tenesse lui, per quello che sta facendo quest’anno, nonché per il gesto che ha fatto. Ritengo che lui, oltre ad essere un calciatore per noi fondamentale, sia un ragazzo bravissimo, quindi sono contento che quest’anno la fascia di capitano la porti praticamente quasi sempre lui, in alternanza con Molinaro, quando gioca. Poi, per quanto riguarda il passaggio dalla Serie D alla serie A:  sembra passata un’eternità, ma in realtà non sono passati così tanti anni. Nessuno si sarebbe mai aspettato una scalata del genere, ed è una cosa che ancora di più si nota, se pensiamo che siamo passati da pochi spettatori che c’erano in Serie D ad avere lo stadio così pieno. E vedere un sacco di bambini con le maglie del Venezia, e la gente felice, credo fosse dai tempi di Recoba che non c’era questa atmosfera, che adesso, invece, si respira anche in città, il che ti fa capire davvero quello che è stato fatto in questi anni. E tutta l’atmosfera, tutto il territorio che cresce, per il Venezia è qualcosa di speciale. Un campo “particolare in serie D? Direi Seren del Grappa, dove all’epoca la nostra stagione ha avuto una sorta di svolta”.
Nel tuo ritorno in campo è stato sicuramente importante il ruolo di Zanetti. Che cosa vi siete detti?
“In realtà in settimana ci siamo parlati poco; abbiamo un bellissimo rapporto e ci parliamo pochissimo perché comunque lui è un uomo di poche parole, come me, però quando ci parliamo, quelle poche volte che ci parliamo, sono sempre cose molto costruttive, o cose dette col cuore. Prima della partita stavamo aspettando che tutti compagni scendessero giù nella hall dell’hotel per andare allo stadio, lui mi ha abbracciato e mi ha detto “oggi sarai in campo””.
Quanto sognavi il debutto in serie A?
“Diciamo che il Marco bambino sognava di arrivare a questo momento, ovviamente, e poi il 27 Maggio l’aveva conquistata. Ora, il 7 novembre, ha esaudito quel sogno che Marco, ma credo che un po’ tutti i bambini che nascono con una passione per il calcio, sognino. Il fatto di arrivare a giocare una partita di serie A così speciale, in cui oltretutto abbiamo fatto una vittoria importantissima, e le due cose sono combaciate, è stata veramente una giornata che porterò dentro per sempre”.
Sembrava che, a luglio, Tacopina dovesse portarti poi a Ferrara, ma tu hai detto: “Non ci penso nemmeno”. Anche se l’attesa per il tuo debutto in massima serie è stata piuttosto lunga, come l’hai vissuta?
“Va detto che il mister fa le sue scelte in base a quello che ritiene essere in quel momento il meglio per la squadra, pertanto queste scelte vanno accettate, e l’unica cosa che si può fare è quella di allenarsi bene, di cercare di mettersi in condizione, specialmente dopo gli infortuni, il più in fretta possibile, e poi sfruttare quel momento in cui il mister decide che è il tuo turno. Chiaramente tutti vorrebbero giocare di più, però credo che prima di tutto, quello che, credo, sia stato un po’ stato sempre il nostro punto di forza, sia l’anno scorso che gli anni prima, è stato quello di trovare sempre dei gruppi dove chi non giocava faceva il tifo per chi giocava. Questa è la cosa più importante, per ottenere dei grandi risultati. Per quanto riguarda me, ho  sempre cercato di lavorare bene, il meglio possibile. Poi magari ci sono dei giorni dove è tutto un po’ più difficile, perché vedi che magari lavori bene ma il tuo momento non arriva, e pertanto sei un po’ giù. Il tutto, però, sempre rispettando ognuno, e lavorando al 100%. È ovvio che quando giochi è tutto bello, e viene più facile anche allenarsi. Certo non ero tanto abituato, perché in questi anni, per fortuna, ho giocato sempre, però credo che poi, sia per l’età che per l’esperienza, capisci  che che prima viene il gruppo e poi il singolo”.
In questi sei anni, è un dato di fatto che la stagione del Venezia sia sempre incominciata con grande rinnovamento, nel senso che quasi sempre siete ripartiti con tantissimi giocatori nuovi, fin dalla prima stagione della ricostruzione con Perinetti e con Tacopina. Quanto è stato difficile riuscire, ogni anno, a trovare l’alchimia giusta, l’amalgama giusta nel gruppo, per poi partire e decollare? E come stai vedendo crescere, in particolare, i centrali di difesa, nonché l’inserimento dei vari Svoboda, Caldara, per non parlare di Ceccaroni?
“Mi sembra che ci sia, fra di noi, un bellissimo rapporto. Credo che siano compagni di altissimo livello, Caldara non ha certo bisogno di presentazioni; negli ultimi due anni è stato solo molto sfortunato a causa degli infortuni, e aveva bisogno di ritrovare il campo con continuità; non è un caso che magari le prime partite abbia fatto un po’ più fatica, ma appunto perché era da tantissimo tempo che non giocava, mentre adesso sta facendo delle prestazioni incredibili, ritrovando la forma migliore, e ritengo che abbia tutto il tempo per tornare ad essere uno dei difensori centrali più forti in Italia. Ceccaroni l’ho visto praticamente crescere, perché quando è arrivato dal Padova, a seguito dell’infortunio di Marino, all’inizio sembrava che dovesse essere un po’ un gregario, invece ha avuto una crescita importante, già con con Dionisi l’anno scorso, dopodiché è esploso e ha fatto un campionato straordinario. Ero convinto che quest’anno, in Serie A, potesse riconfermare  quello che ha fatto l’anno scorso, perché è un ragazzo molto intelligente, ha un grandissimo potenziale. Svoboda ora parla bene l’italiano, fin da dal ritiro dell’anno scorso gli davamo una mano, già lo scorso anno, io ed i vecchi compagni avevamo intravisto che fosse davvero un giocatore molto forte. Ci è voluta, ovviamente, l’intelligenza di capire che magari non poteva giocare subito, perché aveva bisogno di un periodo di adattamento, ma ha lavorato sempre molto bene, e poi l’anno scorso, quando è stato chiamato in causa, si è fatto sempre trovare pronto, e lo sta facendo anche quest’anno; quindi sono davvero felice di avere compagni così, nello stesso ruolo. Comunque alla fine, il nostro obiettivo è quello di prendere meno goal possibili. Dobbiamo continuare su questa strada, lavorare duramente e poi, se a fine campionato risulterà che avremo un’ottima difesa in termini anche di goal subiti, tutti e quattro saremo davvero molto felici. Quanto invece al discorso  delle stagioni da ricostruire ogni volta, diciamo che perché bene o male il gruppo storico è sempre stato un gruppo sano, che ha sempre aiutato i nuovi ad inserirsi al meglio; poi è chiaro che ci vuole anche molta fortuna, perché se nel gruppo trovi una o due persone che magari un po’ remano contro così, fai fatica a a gestirle, e inizia a diventare un problema. Ma devo dire che, fortunatamente, in questi sette anni non è mai stato un problema, nel senso che faccio fatica a ricordarmi qualcuno che remasse contro il gruppo. Ma oltre alla fortuna, va sottolineata la bravura dei direttori: quindi un bravo sicuramente ai dirigenti che abbiamo avuto in questi anni, che sono state persone fantastiche”.
Quest’anno tutto il gruppo squadra è stato definito una “piccola Babele”, nel senso che ci sono tantissimi giocatori stranieri, i quali parlano diverse lingue. Tu che sei un po’ la “chioccia” di questo gruppo, come lo come hai visto crescere quest’anno? come pensi che stiano andando le cose dal punto di vista dell’amalgama?
“Va detto che, inizialmente, mai come quest’anno c’è stata un po’ di difficoltà, nel senso che abbiamo dovuto lavorare molto sul fatto di non creare dei gruppetti all’interno dello spogliatoio. Sarebbe stata una cosa molto facile, perché ovviamente i giocatori vengono  da campionati diversi, magari gli olandesi potevano stare tra di loro, idem gli americani. Per fare in modo che questo non accadesse, so che può sembrare una banalità, ma in realtà è una cosa molto importante: quando ci si siede a tavola, durante i pranzi di squadra, si cerca di mescolarci fra italiani e stranieri, proprio per cercare di non fare gruppetti, ma per cercare invece di stare tutti insieme per creare un unico gruppo. Non solo: noi eravamo abituati al fatto che, prima delle partite, il telefono non si potesse usare in spogliatoio,  neanche per ascoltare musica. Noi abbiamo provato a spiegarglielo ma poi vedevamo che  non era semplice, così ci siamo venuti incontro. Adesso ci sono dei ragazzi che, magari, ascoltano la musica prima della partita in spogliatoio, noi glielo lasciamo fare. Però vorrei sottolineare che in questo modo cerchiamo anche di aprirci alla loro mentalità, perché non è detto che la nostra mentalità sia quella giusta, così cerchiamo un punto di incontro , anche perché è molto bello conoscere persone, calciatori di culture diverse, che come detto vengono da doversi campionati, che portano quindi modi di vedere ed esperienze differenti. Il che ti fa oltretutto capire che non è detto che, se loro agiscono in un determinato modo, poi in campo non siano al 100%, come invece stanno dimostrando”.
Quali sono stati, in tutti questi anni, i momenti chiave a parer tuo? Per non parlare della famosa finale dei playout di due anni fa…
“Uno di questi, sicuramente, è stato l’arrivo di Inzaghi, il quale veniva dal Milan e ha dato un’impronta particolare. E’ stato una persona molto importante per noi. Quanto a quei  playout, che poi magari apparentemente potevano sembrare un aspetto negativo, poi con il ripescaggio credo che abbiamo dato un segnale forte a tutto l’ambiente, perché magari all’epoca la strada intrapresa non era la strada giusta e magari c’erano delle cose che andavano cambiate. Poi però il fatto di aver raggiunto la serie A, l’anno scorso, sicuramente è stato uno dei momenti più importanti”.
A proposito di Inzaghi: il Venezia, in questi anni, è andato molto bene con allenatori giovani, come lui appunto, ma anche con Zanetti. E’ un caso secondo te?
“Non so se sia un caso, ma credo che magari, anche se dalla loro non hanno avuto l’esperienza che altri potevano avere, dalla loro però hanno avuto quel carisma dentro che, sotto quell’aspetto, poteva dare quel qualcosa in più. Posso pertanto fire che sono stati scelti, ultimamente, tre allenatori giovani – tra i quali anche Dionisi – tutti e tre molto forti, e che diventeranno sicuramente gli allenatori più importanti d’Italia”.
Anche se adesso pensate alla salvezza come primo obiettivo, vi viene mai in mente di alzare l’asticella degli obiettivi?
“Essendo il nostro un gruppo giovane, con tanti giocatori nuovi, oltre a tanti stranieri, ci vuole molto equilibrio sia quando le cose vanno bene, che quando le cose vanno male, e sotto questo punto vista la società è veramente straordinaria perché Specialmente quando le cose vanno male non si fa mai mancare il proprio supporto e anzi cerca di magari organizzare delle cene o o magari se può soprattutto quando le cose vanno male. Vi faccio un esempio: i rinnovi di contratto che sono stati fatti la settimana scorsa, magari dopo  alcune sconfitte di fila, sono stati sicuramente il segnale che questa è una società che quando ti sceglie, ti sceglie per la persona che sei, e crede in te per tutto il periodo in cui le cose, al Venezia, vanno bene e meno bene. In questo noi siamo molto fortunati e devo ringraziare tantissimo il presidente Niederauer, perché da nessuna parte i rinnovi di contratto vengono fatti quando le cose vanno male, lo stesso dicasi per gli stipendi, che vengono pagati una settimana prima, anche quando le cose vanno male. Il presidente vuole dare dei segnali importanti e un appoggio, proprio perché siamo stati scelti per le persone che siamo, prima ancora che come calciatori, quindi lui è convinto che noi, in campo, daremo sempre il 100% e quindi, anche nei momenti difficili, din cui magari da altre parti tutto ti cade addosso, qui invece hai sempre una mano pronta ad aiutarti, ad alzarti, e questa è veramente una cosa fondamentale”.