Visite fiscali 2018 | Fasce orarie di reperibilità | Orari visite medico fiscale. Ecco le novità del nuovo decreto. 
Tempo di influenze, di malattie e molto altro. Il tempo per prendersi qualche giorno di riposo e guarire prima di entrare in azienda. Ma attenzione che il medico fiscale è sempre in agguato. E a livello governativo, prima dello scioglimento delle camere, si era intervenuti nuovamente sul problema delle visite fiscali. Ed ora sull’argomento c’è però il dietrofront. Le fasce orarie di reperibilità non cambiano, restando dunque di sette ore per i dipendenti pubblici e di quattro ore per quelli privati. Con il decreto firmato dal ministro Madia,  di concerto con il ministro Poletti e pubblicato in Gazzetta ufficiale (in vigore dal 13 gennaio), è infatti saltata l’armonizzazione tra i settori pubblico e privato indicata nella riforma del pubblico impiego. Il ministero della Pubblica amministrazione avrebbe motivato la scelta spiegando che dalla parificazione deriverebbe una riduzione delle finestre orarie per gli statali e dunque “una minore incisività della disciplina dei controlli”. Tra le principali novità del decreto anche la “cadenza sistematica e ripetitiva” dei controlli, anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale. Il medico fiscale potrà suonare il campanello di  casa ben due volte. Tra le principali novità del decreto c’è anche l’annunciata “cadenza sistematica e ripetitiva” dei controlli, “anche in prossimità delle giornate festive e di riposo settimanale”. Il medico fiscale potrà bussare due volte alla porta. Una regola contro i cosiddetti “furbetti del weekend”, cioè coloro che si assentano regolarmente il lunedì.

Visite fiscali: le fasce orarie di reperibilità

Nel dettaglio, il decreto individua le fasce di reperibilità tra le 9 e le 13 e tra le 15 e le 18 di ciascun giorno, mantenendo così gli orari attualmente previsti per la Pubblica amministrazione e lasciando immutata la differenziazione tra il pubblico e il privato, dove le finestre sono più brevi, ricomprese tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19. Solo due erano le strade percorribili: allargare gli spazi per i lavoratori del privato, come più volte proposto dal presidente dell’Inps Tito Boeri, che si era espresso per portare tutti a sette ore; oppure accorciare la reperibilità per gli statali, opzione giudicata non percorribile dalla Funzione pubblica. Palazzo Vidoni, già in occasione del parere del Consiglio di stato sul provvedimento, aveva osservato come “l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato per i dipendenti pubblici una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli”