Parte dal Veneto la nuova campagna del M5S per reintrodurre in Italia le case chiuse. «Argineremo il fenomeno e lo tasseremo, sottraendolo alla criminalità». [s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)]

Riaprirle? Non riaprirle? A 60 anni dalla legge Merlin sull’abolizione delle “case chiuse” parte dal Veneto la “legge Baldin”: sulla piattaforma del M5S “Rousseau” gli iscritti hanno deciso attraverso un voto online quali delle proposte scritte da iscritti stessi dovessero essere prese in carico dai parlamentari pentastellati: una delle due proposte che hanno ottenuto più voti è proprio quella sulla riapertura delle case chiuse per regolamentare la prostituzione. In Veneto sarà la consigliera regionale Erika Baldin a seguire la proposta, dato che, come spiega: «Ho ricevuto molte richieste al riguardo in questo primo anno passato sul territorio. Dopo tutto è proprio da Chioggia che è nato il problema, Lina Merlin (prima firmataria della legge per abolire le case chiuse nel 1958) era chioggiotta. Noi faremo il contrario, riapriremo le case chiuse». «In questo modo», gli fa eco Davide Scano, rappresentante in consiglio comunale di Venezia, «avremo più decoro nelle strade, le ragazze non saranno più sfruttate e toglieremo un importante affare alle mafie, ci sarà più sicurezza per la salute e, cosa non da poco, finalmente questa attività pagherà le tasse. Fino ad oggi la prostituzione, non essendo regolamentata, ha sottratto al fisco miliardi di euro. È ora che quei soldi tornino nelle nostre casse». Proprio Scano spiega le ragioni

 

Da cosa nasce questa iniziativa?

«Ce lo chiedono i nostri iscritti, con insistenza. Noi siamo in costante dialogo con i militanti del Movimento grazie alla rete, alla piattaforma “Lex iscritti”, con cui ci arrivano segnalazioni e suggerimenti. Nell’ultimo periodo l’argomento che ha ricevuto più sottoscrizioni è quello della necessità di mettere ordine a un fenomeno, quello della prostituzione, che oggi rappresenta una piaga».

 

Si tratta di un suggerimento nazionale, come mai la crociata parte dal Veneto?

«L’istanza è nazionale, ma nel mio primo anno di mandato anche dal territorio ho ricevuto segnalazioni simili. Credo che abbia senso far partire la proposta da Chioggia dato che proprio da Chioggia è nato il problema visto che la senatrice Lina Merlin fu la prima firmataria della legge per abolire le case chiuse nel 1958. Ora dallo stesso territorio voglio iniziare il percorso, con l’obiettivo contrario però».

 

Altri suoi colleghi stanno facendo altrettanto?

«Non ho avuto riscontri in tal senso. Io farò la mia parte, poi se arriveranno altri mozioni tanto meglio, avremo maggiori possibilità di finalizzare il nostro obiettivo. L’ideale comunque sarà far muovere i nostri parlamentari in modo che il percorso si attivi a Roma dove la via per presentare un disegno di legge è più celere. I canali quindi saranno due».

 

Soltanto una prostituta su quattro esercita sulla strada. Ci sono una sessantina di lucciole a Mestre e terraferma, una ventina tra Jesolo e San Donà Ma quelle censite tra le mura domestiche e nei centri massaggi sfiorano le 400

 

La proposta ha suscitato un vespaio. Molti ritengono che legalizzare la prostituzione permetta allo Stato di lucrare sullo sfruttamento del corpo femminile.

«Sono posizioni di falso perbenismo che cozzano con la realtà. Queste ragazze sono controllate da racket mafiosi, picchiate e seviziate se non ottengono un certo guadagno al giorno, sono praticamente ridotte in schiavitù. Se il fenomeno sarà regolamentato dallo Stato renderemo più decorose le strade, ma soprattutto renderemo libere queste donne e i soldi non andranno alle organizzazioni mafiose, ma entreranno in una certa parte nelle casse pubbliche».

 

Molti ritengono che sia una proposta di stampo fascista che ci riporta indietro nel tempo.

«Chi parla così lo fa per moralismo, in molti casi di facciata. Le prostitute esistono da sempre e sempre esisteranno. Si tratta di capire se vogliamo che il fenomeno sia deregolamentato e lasciato alla regia della mafia o se vogliamo mettere ordine come del resto hanno fatto molti stati europei. Sulle modalità ne discuterà il Parlamento cercando il sistema migliore per dare delle regole, ma di sicuro così non si può andare avanti».

Gian Nicola Pittalis

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