Francesco Miola
Francesco Miola

“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” per Francesco Miola, titolare dell’omonima azienda biodinamica,  non è solo un passaggio del celebre testo di De Andrè, ma un fatto conclamato da un’esperienza ventennale.

Classe 1962, Francesco lavora nell’azienda orticola dei genitori da quando aveva 14 anni e dopo il diploma in agraria e una breve esperienza di coltivazione di funghi viene affascinato già negli anni 90 dal metodo di coltivazione biologica, periodo in cui le aziende agricole che lo praticavano si potevano contare sulle dita di una mano. La sua azienda di  6 ettari situata a Bojon, in una frazione di Campolongo Maggiore diventa dunque la sede di sperimentazioni, di coltivazioni realizzate con metodi naturali e alternativi fintanto che nel 2008 si approccia al biodinamico : “Sono serviti 5 anni prima di andare a regime con le produzioni orticole e frutticole, ma non tornerei mai più indietro, ci è voluto studio e dedizione continua ma il risultato anche in termini produttivi è stato ed è tutt’ora stupefacente.” Racconta Francesco. La Società agricola Miola infatti è ora portata aventi da Francesco e dai figli Eugenio di 26 anni e Giuliano di 22 con grandi soddisfazioni, l’intera produzione viene assorbita da canali di vendita diretta, dai gruppi d’acquisto a Mestre, Marghera, Oriago, Spinea, Piove di Sacco e conferimenti a Natura Sì, e alla cooperativa Tamiso. Non c’è lockdown che tenga, fortunatamente il loro prodotto viene completamente assorbito a grande richiesta. “La soddisfazione più grande arriva dalle famiglie che mi seguono da anni e che apprezzano i prodotti di stagione che crescono nel modo più naturale possibile”, afferma Francesco Miola con una serenità che difficilmente si coglie parlando con altri agricoltori, specie in questo periodo critico che tutti stiamo vivendo. Forse farà semplicemente parte di un approccio di vita che tiene conto del rispetto assoluto dei ritmi della natura: tutta la produzione orticola e frutticola ha il marchio demeter  che certifica la coltivazione biodinamica, nella totale assenza di utilizzo di fitosanitari “Ricorro ai preparati biodinamici che realizziamo in azienda con il solo utilizzo di prodotti naturali che vengono diluiti in acqua e aspersi prima delle semine. Non ci sono attacchi fungini, né malattie particolari, solo erba infestante che provvediamo con pazienza a togliere. Il terreno respira e ci offre molti prodotti”, spiega Francesco. Ecco che l’esperienza vincente di Miola è in linea rispetto ad una tendenza che vede crescere a doppia cifra il biologico: in Veneto gli ettari vocati sono oltre 48mila (+25,4%). Lo confermano le elaborazioni di Coldiretti su i dati Ismea relativi al 2020 che registrano anche migliaia di operatori che hanno scelto questo indirizzo agronomico per la propria attività agricola dal vitivinicolo all’ortofrutta, dalle grande colture fino agli allevamenti. Il via libera al ddl sul biologico è quindi un passo importante verso la tutela dei consumatori e delle produzioni Made in Italy  – sostiene Coldiretti alla guida, tra l’altro della “Rete Bio Innovativa” un cluster che raggruppa una cinquantina di realtà tra soggetti privati, istituzionali impegnati in una filiera che prevede produzione, trasformazione, distribuzione dei prodotti compresi servizi e la ricerca applicata. L’approvazione da parte della Commissione Agricoltura del Senato della proposta di legge che prevede, tra le altre misure, l’introduzione di un marchio per il bio italiano, richiesto da Coldiretti è una nuova sfida per il territorio regionale sempre più vocato alla sostenibilità ambientale. Grazie a questo provvedimento tutti i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana potranno essere valorizzati sul mercato con l’indicazione “biologico italiano” e come tali protetti contro tutte le usurpazioni, imitazioni ed  evocazioni.

Previsto anche l’impiego di piattaforme digitali – aggiunge Coldiretti – per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti. Il ddl rivede inoltre anche il sistema delle sanzioni per renderle finalmente efficaci contro le frodi del settore e quello dei controlli per garantire la terzietà dei soggetti incaricati. Si va infine ad equiparare tutte le previsioni di agevolazione e sostegno al metodo dell’agricoltura biodinamica che contraddistingue imprese e prodotti in base a caratteristiche differenziate di sostenibilità.

L’incidenza della superficie biologica nel nostro Paese ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) a livello nazionale, e questo posiziona l’Italia di gran lunga al di sopra della media UE, che nel 2018 si attestava all’8%, e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%). A livello regionale – evidenzia la Coldiretti – in Calabria più 1 campo su 3 è bio (36,4%) mentre in Sicilia si sfiora il 26% del totale, ma percentuali a due cifre al Sud si registrano anche in Puglia (20,7%), Basilicata (21%), Campania (13,1%), Abruzzo (11,4%) e Sardegna (10,2%). Valori alti anche nelle regioni del centro Italia con il Lazio (23,2%), le Marche (22,2%), la Toscana (21,7%) e l’Umbria (13,9%). Al Nord la maggior incidenza del bio si rileva in Emilia Romagna con il 15,4% e in Liguria con il 11,2% mentre Friuli, Trentino Alto Adige e Piemonte sono ampiamente sopra il 5%, la Lombardia sfiora il 6% e Valle d’Aosta e Veneto sono al 6,2%.

Una crescita alla quale fa però da contraltare l’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, con un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali nel 2019 rispetto all’anno precedente, per un totale di ben 210 milioni di chili di cui quasi 1/3 dall’ Asia. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. I tassi di crescita delle importazioni bio piu’ rilevanti si sono avuti per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).

Una vera e propria invasione che rende ancora più urgente dare la possibilità di distinguere sullo scaffale i veri prodotti biologici Made in Italy ma anche rafforzare i controlli sui cibi bio importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei, fornendo una spinta al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal che punta ad avere in futuro almeno 1 campo su 4 (25%) coltivato a bio in Italia.