“Bocciatura del decreto liquidità, no alla strada dell’indebitamento intrapresa dal Governo, no alla burocrazia, richiesta immediata dello stato di crisi e di indennizzi a fondo perduto”. A parlare è Federico Capraro– presidente della Confcommercio provinciale – che non solo ritiene “totalmente fuori strada il decreto liquidità, ma chiede indennizzi a fondo perduto pari al 50% della differenza di fatturato rispetto al 2019 sui corrispettivi dei primi sei mesi ed il riconoscimento dello stato di crisi per turismo, commercio non alimentare e servizi”. Non solo, la Confcommercio ha preso carta e penna e, dopo aver scritto ai 93 Sindaci della provincia per chiedere l’eliminazione dei tributi locali ed i balzelli che gravano sulle imprese, ha scritto ieri anche a tutti i Parlamentari della provincia di Treviso.

“Chi è eletto e sta a Roma in nome e per conto delle nostre imprese e di tutti noi cittadini, mantenga fede al mandato – chiede Capraro- si faccia carico in prima persona delle richieste del proprio territorio e venga qui a vedere i fatturati e i conti in banca di alberghi, bar, ristoranti, negozi della moda e altri generi e ad occuparsi dei lavoratori, delle imprenditori e delle loro famiglie che non possono lavorare. La situazione è paragonabile a quella del terremoto, abbiamo subito uno tsunami, così come dopo una evento calamitoso arrivano gli indennizzi a fondo perduto per ricostruire le case, ora servono risorse fresche per riavviare le imprese. Non sarà una semplice ripartenza, ma una vera e propria ricostruzione con nuovi investimenti a carico delle imprese e perdite da recuperare. L’impatto del coronavirus impatta non solo sui fatturati, ma chiederà cambiamenti, nuovi dispositivi di sicurezza per titolari e dipendenti, dotazioni per locali, adeguamenti normativi, responsabilità, assicurazioni, rifacimenti di arredi in molti casi e di ingressi. Distanziamenti e protezioni che oggi sono straordinari diventeranno la normalità, cambieranno interi settori e cambierà il modo di acquistare e di vivere i locali. Questo dramma colpisce, danneggia e trasforma.”

Questo come primo capitolo, “ma va chiarito che quando uno Stato chiede ad un’impresa di chiudere per salute pubblica, poi non può rispondere chiedendo di sovra indebitarsi. Commercio, ristorazione e turismo hanno fatto e stanno facendo la propria parte con onore, dignità e responsabilità. Il bonus dei 600 euro per gli autonomi è quasi un reddito di cittadinanza, i 25 mila euro di cui ora il Governo si vanta sono solo un piccolo gesto per le nano-imprese, il resto è solo un aggravio, non certo una risorsa vera. Le risorse regionali per la CIGD sono insufficienti. Il rischio di rivolta sociale è concreto, la tenuta psicologica del comparto è messa a dura prova e si sta creando una forbice sociale pericolosissima tra lavoratori/imprenditori di serie a e di serie b. Tra aperti e chiusi. La restituzione dei finanziamenti a 6 anni è troppo breve, vanno innalzati gli importi ed allungati i tempi a 15/20 anni, ed eliminati, per tutti i finanziamenti, tempi, istruttorie di valutazione e moduli chilometrici. Se possiamo sperare che da questo virus esca qualche buona lezione, almeno che resti, per sempre, la lezione della burocrazia zero, e del sostegno a chi manda avanti il paese. Ora e per sempre.”