2211 prenotazioni cancellate da questa ultima settimana di febbraio sino al 15 ottobre 2020. A causa, naturalmente, dell’emergenza Coronavirus. E’ il dato relativo ad un solo albergo (che preferiamo non citare) della provincia di Treviso: un dato senz’altro sufficiente a farsi un’idea del crack che stanno registrando in queste ore tutte le strutture ricettive del territorio.
2211 disdette (tra cui 22 banchetti, 667 gruppi allotment, 60 gruppi extra allotment, 57 gruppi su richiesta, 70 meeting) in un unico albergo rappresentano una statistica terrificante, in grado di fotografare in modo esemplificativo ed eloquente quelli che sono i danni collaterali del Coronavirus. Se infatti, oggi, l’emergenza si concentra giustamente sulla gravità di carattere sanitario (e quindi sulla lotta dell’Ulss e del mondo medico-farmacistico alla minaccia Covid-19), l’auspicabile speranza che a stretto giro di posta questo nemico infettivo venga sconfitto ci porta, giornalisticamente, a spostare lo sguardo un po’ più in là.

Le prime proiezioni elaborate a livello nazionale, infatti, stimano che la contrazione turistico-alberghiera interna nel medio-periodo (leggi: disdette sulla primavera-estate 2020) possa toccare picchi negativi del -70/80%, nelle zone maggiormente colpite dal contagio: quindi Lombardia in primis, ma anche Lazio e, ça va sans dire, il nostro Veneto.
Locomotiva nazionale della ricezione turistico-alberghiera (e sesta regione europea in assoluto ogni anno) il Veneto si trova oggi ad interrogarsi sui danni collaterali del Coronavirus, ossia l’implosione economica generata dal crollo delle presenze e delle prenotazioni, non soltanto turistiche. Ad interrogarsi e a fronteggiarli: perché dove non è in gioco la vita, sono in pericolo innumerevoli posti di lavoro.