Grandi dimissioni: un fenomeno da non sottovalutare. Nel 2021, in Lombardia, quasi un lavoratore su 10 si è dimesso dal lavoro. E il fenomeno della The great resignation si è mostrato con una certa potenza anche in Veneto.

Guardando ai primi 4 mesi del 2022 si contano qui 66.300 dimissioni, ovvero il 50% in più rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Come ha sottolineato sul Corriere il direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone, «notiamo che, mediamente, entro pochi giorni il dimissionario ha già una nuova occupazione che evidentemente soddisfa le sue aspettative», portando quindi a pensare che «la crescita del numero delle dimissioni risulta fortemente guidata dalle possibilità di ricollocazione offerte dal mercato».

Grandi dimissioni: le motivazioni

La spinta verso le dimissioni e la ricerca di un nuovo lavoro è costituita dalla volontà di raggiungere nuove soddisfazioni e condizioni migliori, che spesso si traducono nella possibilità di lavorare in smart working e di avere maggiori possibilità di carriera.

Da una parte ci sono quindi dipendenti dimissionari, dall’altra parte però ci sono le aziende che vedono aumentare in modo pericoloso il tasso di turnover e che si trovano a dover affrontare un numero molto alto di dimissioni volontarie, spesso anche improvvise e inaspettate.

Cosa possono fare le aziende

Il primo passo è quello di condurre dei processi di ricerca e selezione del personale attenti, così da avere le certezza di assumere i candidati giusti, con le competenze e le motivazioni necessarie. Inoltre, il talento va ricompensato con stipendi in linea con il mercato.

Le condizioni dei dipendenti dovrebbero essere migliorate a tutto tondo: si parla di lavoro agile, formazione aziendale, riconoscimento dei meriti dei dipendenti, flessibilità, dello sviluppo di una forte cultura aziendale e della creazione di concreti percorsi per lo sviluppo interno della carriera.