Acquacoltura e pesca (immagine di repertorio)
Acquacoltura e pesca (immagine di repertorio)

Pesce giapponese cresciuto nelle acque inquinate sulle tavole italiane? No, grazie. Gli operatori di Impresa Pesca Veneto si rifiutano persino di immaginarlo. Secondo i dati di Coldiretti sono 21milioni i chili di crostacei, molluschi e altre varietà ittiche che arrivano dal Giappone che ha deciso di rilasciare nel mare 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare di Fukushima.

L’elaborazione di Coldiretti sui dati Istat del 2020 evidenzia anche l’arrivo in Italia di 18 milioni di chili di pesce dalla Cina e di 3,3 milioni di chili dalla Corea che ha deciso di impugnare al Tribunale internazionale del diritto del mare la scelta nipponica.

Una decisione devastante che – sottolinea la Coldiretti – ha pesanti ripercussioni dal punto di vista ambientale, economico e sanitario a livello globale sulla quale devono intervenire le istituzioni internazionali.

Tutto questo mentre 26mila locali in Veneto sperano nella riapertura dopo il lock down imposto dall’emergenza sanitaria, uno sblocco che darebbe una boccata d’ossigeno – spiega Coldiretti Impresa Pesca del Veneto – alla flotta veneta di 600 pescherecci 2000 addetti che si occupano di pesca garantendo la presenza della produzione tipica locale di sicura provenienza. Un patrimonio di biodiversità fatto da specie particolari come le moeche, anche vongole, cozze, pesce azzurro, seppie, sogliole che possono definitivamente tornare ad arricchire i menù stagionali della ristorazione regionale.

Per controllare direttamente l’origine del pesce acquistato il consiglio della Coldiretti è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere la zona di pesca, e scegliere la “zona Fao 37” se si vuole acquistare prodotto pescato nei mari italiani.