Ci siamo anche noi. Da stasera l’Italia entra in gioco sfidando il Belgio, la nazionale numero 2 al mondo. Noi siamo dodicesimi, lontani centinaia di punti dall’Argentina capofila. Questi però sono numeri. Servono per dare un senso logico alle cose, mettere in ordine vittorie, pareggi e sconfitte. Ecco, una cosa è certa: la squadra di Antonio Conte non è solo numeri. Il selezionatore azzurro, nella sua carriera di successi, ci ha abituato ai nervi scoperti, alla tensione, alla rabbia, alla cattiveria: la Juventus pluriscudettata della sua gestione ne è la prova. Buoni giocatori nella media (alcuni ottimi, a dirla tutta), tanta concentrazione, molta personalità. Questa la ricetta con cui il Conte bianconero di scudetti ne ha vinti tre di fila, lasciando il testimone ad un altro che a vincere ci prova sempre gusto, Max Allegri. Il maniacale atteggiamento da “martello” che il commissario tecnico azzurro adotta con i giocatori è un modello in cui credere, in cui si può aver fiducia. Conte tiene i suoi sulla corda, siano campioni o seconde linee. Un esempio lampante? Storari, il portiere per anni secondo di Buffon. Quando entrava era sempre il migliore in campo. Simbolo di come concentrazione, allenamento e professionalità siano poi determinanti in campo. Il ct in uscita non nasconde la sua squadra da occhi indiscreti. La motiva all’ossesso, tirandola come una corda di violino. Guerrieri con la testa, così li vuole Conte. Negli Europei delle papere e dei gol falliti c’è spazio per gente come noi. Proviamoci.

Gian Nicola Pittalis

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