Le imprese del Veneto pagano un prezzo salato a causa del Covid 19, ma sono anche quelle che stanno dimostrando, nel panorama nazionale, segni di resilienza e di recupero. E’ quanto rileva l’ultimo rapporto “Statistiche Flash” dell’Ufficio Statistica della Regione Veneto dedicato agli effetti della crisi generata dalla pandemia sul tessuto produttivo veneto. L’analisi, derivata dalla rilevazione Istat di maggio su “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”, prende in considerazione un campione rappresentativo di quasi 103 mila imprese venete.
I numeri del lockdown. Circa 3 aziende su 10 in Veneto hanno lavorato anche nei mesi di lockdown, e un terzo (32%) ha ripreso prima del 4 maggio: una quota significativamente superiore al valor medio nazionale (22,5%), anche per un forte ricorso a richieste in deroga. Quasi quattro imprese su 10, invece, hanno sospeso in toto le attività, spesso anche dopo il 4 maggio. A chiudere definitivamente i battenti o a prevedere di non riprendere l‘attività entro il 2020 sono l’1,4% delle imprese. Si tratta in particolare di imprese delle costruzioni e dei servizi, di agenzie di viaggio e tour operator, di imprese di assistenza sociale non residenziale, o attività creative ed artistiche, sportive, culturali, nei servizi di alloggio e ristorazione e nel settore dell’istruzione.
Crollo dei fatturati. Il conto economico è pesante: tra marzo e aprile 4 imprese su 10 hanno visto ridursi il fatturato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per un ulteriore 12,6% di imprese venete il fatturato nel bimestre osservato si è azzerato. Cinque imprese su 100 hanno invece registrato fatturati in crescita e un altro 10 per cento del campione è riuscito a mantenere un fatturato pressoché stabile.
Strumenti anti-crisi. Ad aiutare le aziende sono stati soprattutto gli ammortizzatori sociali e nuove modalità di gestione del personale, dai congedi allo smart working. La tipologia di misure di gestione del personale cui le imprese hanno fatto maggior ricorso è quella della Cassa integrazione guadagni (Cig) o di strumenti analoghi come il Fondo integrazione salariale (Fis), che ha riguardato il 60,1% delle imprese venete. Le imprese hanno poi fatto ricorso allo smaltimento delle ferie maturate dai propri dipendenti (46,4%), alla riduzione delle ore o dei turni di lavoro (29,3%), all’introduzione o estensione dello smart working (22%), al rinvio delle assunzioni previste (13,9%), alla rimodulazione dei giorni di lavoro e alla formazione aggiuntiva dei lavoratori (entrambe dichiarate dal 9,1% delle imprese).
Problema liquidità. A preoccupare gli imprenditori veneti è soprattutto la crisi di liquidità: circa un’impresa su due prevede una mancanza di liquidità nel corso del 2020 e più di una impresa su 3 prevede seri rischi operativi e di sostenibilità dell’attività (35,1% in Veneto, 38% in Italia). Oltre il 30% delle imprese venete teme, inoltre, che si ridurrà la domanda nazionale e locale dei propri prodotti e servizi. Soltanto il 13,5% delle imprese venete dichiara di non aver avuto alcun particolare effetto sull’attività della propria impresa a causa dell’emergenza sanitaria. Il fabbisogno di liquidità generato dalla crisi legata all’emergenza sanitaria ha spinto il 43,5% delle imprese venete a ricorrere a un nuovo debito bancario, anche tramite le misure di sostegno disposte in materia. Tra le altre forme di credito bancario, il 24,7% delle imprese venete ha scelto di fare ricorso ai margini disponibili sulle linee di credito e il 16,4% ha richiesto un differimento nei rimborsi dei debiti. Una impresa su 4 è ricorsa alla modifica delle condizioni e dei termini di pagamento con i fornitori; soltanto l’11,5% ha adottato modifiche di condizioni e termini di pagamento con la clientela.
Le aziende si reinventano. Se quasi 4 aziende su 10 non hanno adottato alcuna strategia, 6 su 10 in Veneto hanno cercato o stanno cercando nuove strade. La principale strategia adottata per rispondere alla crisi causata dall’emergenza sanitaria è la riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro o commerciali, che riguarda il 18,9% delle aziende. Le altre principali azioni messe in campo riguardano la modifica o l’ampliamento dei canali di vendita o dei metodi di fornitura o consegna dei prodotti o servizi (14,6% delle imprese venete) e il differimento o annullamento dei piani di investimento (14,5%). Alla riduzione sostanziale del numero dei dipendenti ha fatto ricorso il 9,2% delle aziende venete, mentre una impresa su 10 ha scelto di intraprendere la produzione di nuovi beni e servizi non connessi con l’emergenza sanitaria, l’8,5% sta perseguendo nuovi modelli di business, e il 7,5% ha accelerato la transizione al digitale. Altre strategie adottate, per quanto di nicchia, sono l’intensificazione delle relazioni, l’ampliamento dei mercati esteri e la riconversione e l’estensione dell’attività produttiva.