Lavoro e sostenibilità, con un focus sulla condizione giovanile, al centro del primo giorno di Congresso della Cisl Belluno Treviso mercoledì 9 febbraio alle Fiere di Santa Lucia di Piave (Treviso). “Solo nella sostenibilità declinata in tutti gli ambiti della vita umana vi è la speranza e la possibilità di un futuro dignitoso ed equo, riaffermando con forza il diritto alla tutela della dignità umana, alla libertà di pensiero, alla costruzione di una società migliore attraverso lavoro, sviluppo, ambiente, sanità, sistema educativo, welfare, sanità, economia umanamente sostenibili”, ha detto il segretario generale Massimiliano Paglini in apertura della relazione congressuale. Una relazione che ha toccato molti temi nazionali e territoriali, dalla gestione dei fondi del Pnrr alla necessità di maggiori investimenti in sicurezza, dall’urgenza di una maggiore programmazione territoriale, alla sanità pubblica, con un approfondimento sulla condizione giovanile nelle due province, tema della ricerca presentata nel pomeriggio dai ricercatori della Fondazione Corazzin Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron e da Gianni Lo Martire dell’Ufficio Studi della Cisl territoriale.
19 mila NEET (ragazzi che non lavorano né studiano) in provincia di Treviso9.000 under 29 in meno nell’arco di soli 20 anni in provincia di Bellunoretribuzioni ferme da 15 anni, lavoro sempre più precariomutui inaccessibili ai più. “I giovani a Belluno e Treviso. Tra declino demografico, precarietà e difficoltà di accesso al credito” ha posto l’accento su dati demografici e occupazionali degli under 30 del territorio, mettendo in luce una realtà complessa e per certi versi drammatica, “di un Paese, di un territorio – ha detto Paglini nella sua relazione – che è incapace di fare il salto di qualità, di esercitare una vera e pervasiva inclusione dei giovani nella vita sociale e comunitaria, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al mondo del lavoro, alla prima abitazione, all’indipendenza economica dai genitori, tutti elementi che condizionano notevolmente lo sviluppo economico e demografico e la crescita”.

 

Nelle due province, i giovani sono sempre meno. Negli ultimi vent’anni gli under 29 nel Bellunese sono diminuiti di quasi 9 mila unità (-15%), passando dai 60 mila del 2002 ai 51.026 del 2020, in un contesto di costante calo e invecchiamento della popolazione. Nella Marca calano meno – -1.210 in 20 anni -, però, dopo una crescita nei primi anni 2000, la diminuzione è pressoché costante, col passaggio dal picco del 2009 di 265.304 giovani al crollo del 2020 che registra 254.463 ragazzi residenti in provincia.
Nel frattempo, l’invecchiamento della popolazione è sempre più reale e concreto. Se nel 2005 a Belluno gli over 65 rappresentavano poco meno del 22% del totale dei residenti, nel 2020 sono il 27% della popolazione. La fascia lavorativa, dai 15 ai 64 anni, è passata, nello stesso periodo, da 65,6% a poco meno del 65%. L’indice di vecchiaia in meno di 20 anni, è passato da 171,1 nel 2002 a 236 nel 2020. L’età media della popolazione è passata da 44,2 anni del 2002 a 48,1 nel 2020. A ciò si somma il tasso di natalità, passato da 8,7 a 5,8 dal 2002 al 2019: significa che nel 2002 ogni 1.000 abitanti nascevano quasi 9 bambini in un anno; nel 2019 questo dato era pari a 5,8. Giù anche il numero di stranieri under 29, diminuiti del 3% nel 2019/2020 rispetto al precedente anno.
Treviso, gli over 65 erano il 18% nel 2005 e il 22,4% nel 2020. La popolazione 15-64 è passata dal rappresentare il 67,6% del 2005 al 64% di 15 anni dopo. L’indice di vecchiaia è schizzato al 163,8 nel 2020 (15 anni prima era fermo a 124,2). L’età media è aumentata di 3,7 anni in 20 anni, da 41,6 anni a 45,3. Il calo del tasso di natalità in provincia di Treviso è stato di 3,3 punti. Per quanto riguarda gli stranieri, anche nella Marca, dopo la decisa crescita verso la fine del primo decennio del nuovo millennio, con il picco raggiunto nel 2013 con 47.660 giovani stranieri di età compresa under 29, il dato è andato calando attestandosi sui 35.521.
Treviso nel 2020 il tasso di occupazione 18-29 anni è leggermente salito, dal 54,5 a 55, ma rimane ben distante dal valore di 10 anni prima dove era pari a 62,2. Il divario rispetto al tasso di occupazione totale (16-64 anni) è pari a 12 punti. A Belluno nella fascia 18-29 è al 50,7. Nel 2005 era a 58,2.
Oltre al tasso di occupazione, il 2020 è stato anche un anno particolarmente complesso per i giovani perché il numero di NEET in Veneto – giovani che non studiano né lavorano – è salito da 88.543 del 2019 a 104.942 del 2020 (+16 mila). In provincia di Belluno 4 mila giovani, il 15% della fascia di popolazione tra i 15 e i 29 anni, non studia né lavora. Percentuale simile nella Marca, dove il 14,4% dei giovani, pari a più di 19 mila ragazzi, è NEET: l’anno prima erano 17.377.

 

A risentire della crisi pandemica sono state in generale anche le assunzioni. Ma anche in questo caso quelle degli under 30 hanno subito delle variazioni ancora più pesanti. Nel 2020 le assunzioni dipendenti di under 30 a Belluno sono state in totale 9.770 rispetto alle 13.385 del 2019. Il dato peggiore dal 2013. Nel 2021 vi è stato un ritorno ai dati del 2019 con 9.350 assunzioni (nei primi tre trimestri dell’anno), un dato simile al 2019 dove sempre nei primi tre trimestri il dato era di 9.690.
A Treviso nel 2020 le assunzioni under 30 sono crollate a 36.595 rispetto alle 45.090 del 2019. Anche qui nel 2021 ci sono dati “positivi”: nei primi tre trimestri del 2021 le assunzioni under 30 sono state 33.765 rispetto alle 34.755 del 2019 (primi tre trimestri).
Se quindi nel 2021 sembra esserci stato un buon ritorno in termini di assunzioni, è anche vero che non si è ancora tornati completamente ai dati pre-pandemia. Inoltre, la quarta ondata di contagi ha provocato in alcuni settori forti rallentamenti, ad esempio nel turismo.
Ma oltre ai numeri legati all’occupazione e alle nuove assunzioni è interessante analizzare la tipologia di contratti forniti ai giovani. Se prendiamo il caso di Belluno, i contratti a tempo indeterminato nel 2020 hanno rappresentato il 9% totale dei contratti (12,7% nel 2008). Sono saliti invece somministrati, rispetto al 2008, passando dal 14,3% al 22,1% e quelli a tempo determinato dal 56,7% al 61%. Diminuiscono nel 2020 anche il numero di assunti giovani con apprendistato, quasi dimezzati in termini percentuali rispetto al 2008 (da 16,3% a 8%).
Treviso l’indeterminato è passato dal 18,1% delle nuove assunzioni di under 30 del 2008 al 10,8% del 2020.

 

Il reddito dei giovani è fermo al palo da oltre 15 anni. Il reddito medio di una famiglia sotto i 35 anni nel Nord Est era di 30.469 euro nel 2003. Quindici anni dopo, nel 2018, il reddito è rimasto lo stesso: 30.517. Crescono invece tutte le altre fasce d’età. La fascia 55-64 anni passa ad esempio da 34.256 del 2003 a 42.736. In provincia di Belluno, mediamente un giovane tra i 15 e i 29 anni guadagna 12,32 euro lordi all’ora1,64 euro in meno rispetto alla media provinciale e 2,70 euro in meno rispetto a un collega over 50. A Treviso, la situazione è peggiore: la media della retribuzione lorda oraria è pari a 11,71 euro, 2,46 euro in meno rispetto alla media provinciale e 4,30 euro in meno rispetto agli over 50.
Infine le difficoltà legate alla casa e all’accesso al credito. Nello studio Cisl si dimostra che su 13 banche interpellate per far ottenere un mutuo prima casa a una coppia con reddito di 2.500 euro mensili, solo una è disposta a concedere il finanziamento se i richiedenti hanno un contratto a tempo determinato, e in questo caso la rata del mutuo sale del 30% rispetto a quella di chi ha un posto a tempo indeterminato.
“La ricerca cristallizza amaramente la condizione dei giovani delle due province – afferma Paglini – che vivono le condizioni tipiche dei giovani del resto del Paese con in più (a Belluno) l’aggravamento del disagio, dell’abbandono, della consapevolezza che oggi essere under 30 significa essere fuori gioco. Una frattura sociale e generazionale pesante, una rottura profonda di quell’alleanza che invece, secondo noi, dovrebbe essere la base su cui si fonda una società che si ritiene civile e progredita, capace di porre come priorità la tutela della vita, e della parte più debole di una comunità: l’inizio vita e l’accompagnamento all’invecchiamento. È fondamentale invertire la tendenza in atto lavorando su più fronti: servono interventi strutturali di sostegno alla genitorialità, ma anche regolarità dei contratti, una retribuzione adeguata, la stabilizzazione del rapporto di lavoro, priorità assolute per tutelare lavoro e dignità”.