Dopo gli attentati a Parigi l’Italia si è svegliata in un incubo. Se a Bruxelles si è subito passati al massimo allerta
dopo la conferma che l’assalto era stato programmato nella capitale belga, in Italia sono due i centri maggiormente
sotto controllo Roma e il Veneto. La Capitale per la presenza della Santa Sede e del Governo, il Veneto per Venezia congiunta al Giubileo e Treviso dove risiede uno dei più grandi hub Ryanair con rotta per Bruxelles: Charleroi o Zaventem.

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Sono le porte di ingresso per Bruxelles; il primo (più distante) permette di raggiungere facilmente qualsiasi luogo anche vicino al confine, il secondo è a dieci minuti dal centro. A conti fatti niente di strano che la primula Salah possa essere passato per Treviso. I risultati? Controlli più che raddoppiati, divieto di transito davanti al piazzale dell’aeroporto
Canova e cordoni di polizia ed esercito attivi 24 ore su 24. E la paura (fondata) c’è, non per nulla una
pista trevigiana sembra portare a Salah; dalla procura di Roma fanno sapere che un’infrazione documenta che nell’agosto scorso il ricercato attraversò Conegliano. Il giallo sulla sua fuga arriva dunque nella Marca.

Salah Abdeslam, il 26enne mancato kamikaze di Parigi, si sarebbe trovato proprio lì lo scorso 6 agosto secondo un’infrazione contestata dalla polizia a un’auto. All’interno della macchina con lui anche il basista degli attacchi, Ahmad Dahmani. A confermare l’esistenza di una pista trevigiana (molto probabilmente Salah potrebbe aver volato su Treviso) è il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo nell’ambito delle indagini legate al ricercato dalle polizie europee e dall’Is, che teme una sua collaborazione con i servizi francesi e per questo ha messo una taglia sulla sua testa. Ora le polizie europee lo cercano in Francia ma anche in Belgio, Olanda e in Italia, dove Treviso potrebbe essere il punto di partenza.

E a confermare come il Canova possa essere una base logistica se non addirittura la città una sede per una “cellula dormiente” l’arresto di pochi giorni fa di tre siriani, prima arrestati e poi liberati, in possesso di passaporti falsi. La magistratura non li ha trattenuti ma li ha fatti espellere, accompagnandoli al Cie di Bari. Si erano presentati all’aeroporto Canova per prendere l’aereo diretto a Bruxelles; avevano passaporti intestati a cittadini greci ma lorodi greco non avevano nulla. Non solo l’aspetto ma non conoscevano nemmeno la lingua. È questo che ha insospettito gli agenti della Polaria dello scalo trevigiano. Sono bastate poche domande per capire che qualche cosa non quadrava. Da un controllo più accurato è poi emerso che i documenti erano stati falsificati e che gli stranieri erano di nazionalità siriana. Non è dato sapere se ai tre sospetti siano state poste domande specifiche sui fatti di Parigi o sui motivi del loro transito o sui possibili legami con la jihad. Le indagini della polizia hanno fatto emergere però che i tre stranieri erano giunti in Italia seguendo la rotta balcanica fino ad arrivare a Treviso. Non hanno legami con la strage di Parigi, né con chi ne porta la firma. E nemmeno, almeno per il momento, con il ricercato Salah Abdeslam, ma l’attenzione delle forze di polizia nazionale è rivolta sia alla nazionalità dei tre e ai loro passaporti falsi, sia alla destinazione del loro viaggio.

Tanto che dopo i tre arresti trevigiani ne sono seguiti altri quattro, a Orio al Serio e Ciampino. Anche loro con passaporti greci falsi. Il sospetto è che i sette abbiano usato gli stessi canali per lasciare l’Italia illegalmente: un’organizzazione che offre documenti falsi. Ma in cambio di cosa? I loro movimenti, infatti, sono identici. Si muovono
tutti dall’Austria, passano il confine con l’Italia, ma la destinazione è la stessa: Bruxelles e il 90% passa per il Canova.

 

Gian Nicola Pittalis