Problemi di concentrazione, tristezza, insonnia, senso di preoccupazione costante e tensioni muscolari: sarebbero questi i principali sintomi dello stress da lavoro. A rivelarlo una ricerca condotta da Capterra.

Intervistando 1.005 lavoratori a tempo pieno e part time che non hanno cambiato lavoro da gennaio 2020, lo studio ha voluto indagare il tema della salute mentale dei lavoratori analizzando come la situazione si sia evoluta dall’inizio della pandemia da Covid-19 .

Stress da lavoro: il ruolo della pandemia

Dall’analisi è emerso come solo il 14% del campione coinvolto abbia descritto il proprio stato mentale come eccellente, mentre prima della pandemia questa percentuale arrivava al 22%.

Il 40% del campione ha riferito di godere di uno stato di salute mentale buono, mentre prima della pandemia la percentuale toccava il 50%. Il dato più significativo emerso riguarda il numero di dipendenti che ritiene la propria salute mentale precaria: a febbraio 2022, infatti, il problema riguardava l’11% degli intervistati, un dato che sfiorava solo il 4% prima della pandemia.

I sintomi

Lo studio ha messo in luce anche una serie di campanelli d’allarme relativi al livello di stress lavorativo. Alla domanda sui sintomi provati in relazione al lavoro, il 28% degli intervistati ha riferito problemi di concentrazione, il 26% tristezza e il 25% senso di preoccupazione costante.

Ma non è tutto: tra i sintomi più diffusi, infatti, ci sarebbero anche problemi di insonnia (24%), di memoria (20%), vertigini, tensione o dolore muscolare, problemi allo stomaco, dolore toracico o battito cardiaco accelerato, riportati dal 19% degli intervistati.

Le cause

Tra i principali fattori ritenuti alla base dello stress da lavoro figurano: un aumento del carico di lavoro (39%), il timore di essere contagiati da Covid-19 sul posto di lavoro (21%) e il mancato supporto da parte del proprio manager (20%) e dei colleghi (18%).

Non solo, stress e ansia sul lavoro sarebbero determinati anche dalla sensazione di dover essere sempre disponibile (18%), dalla precarietà lavorativa (17%) e dalla difficoltà di conciliare vita privata e professione (16%).