L’utero retroverso non è una patologia, ma una caratteristica anatomica piuttosto frequente nella popolazione femminile (interessa circa il 20-25% della popolazione).

Utero retroverso: cos’è

Entrando nel dettaglio, la retroversione comporta un diverso posizionamento dell’utero rispetto al suo assetto naturale. L’organo, quindi, non è inclinato verso l’addome, ma è rivolto all’indietro rispetto alla parte frontale del bacino.

In caso di retroversione primaria l’utero assume naturalmente la posizione retroversa in fase di sviluppo. Al contrario, si parla di retroversione secondaria (o acquisita) quando esso cambia posizione a causa di particolari situazioni a carico della zona pelvica (come, ad esempio, fibromi, gravidanze difficili, aderenze o particolari patologie).

Sintomatologia e conseguenze

In linea di massima l’utero retroverso non influisce sulla fertilità della donna, né comporta particolari conseguenze sull’andamento della gravidanza. Tuttavia, questa caratteristica anatomica può determinare dolore durante il ciclo mestruale o durante i rapporti sessuali, mal di schiena o disturbi vescicali o intestinali.

La conseguenza più frequente è il dolore pelvico in fase ovulatoria o mestruale: riscontrato perlopiù dalle donne in giovane età, questo disturbo tende a migliorare dopo il primo parto.

In presenza di mestruazioni particolarmente dolorose, quindi, è sempre opportuno rivolgersi ad un ginecologo: lo specialista, infatti, potrà eventualmente consigliare l’assunzione di farmaci antinfiammatori o contraccettivi ormonali per ridurre il flusso mestruale e rilassare l’utero.

Infine, non è da escludere che l’utero retroverso possa causare dispareunia, ovvero dolore durante il rapporto sessuale. Questo si verifica durante la penetrazione perché il pene in alcuni casi può urtare contro il collo dell’utero generando fastidi o anche piccole perdite.