Guerra aperta allo spritz. Anzi, all’Aperol. Un simbolo del drink made in Italy, per non dire tipicamente veneto, è finito nel mirino del New York Times. Pochi giorni fa il New York Times ha stroncato l’aperitivo, specialmente nella sua variante col classico alcolico a base d’arancia e radici. “Sembra un succo di frutta – ha sentenziato Rebekah PepplerGradevole per l’effervescenza, la fetta d’arancia d’accompagnamento ed il ghiaccio, ma non è buono”.

C’è chi si è spinto oltre, come la scrittrice statunitense Katie Parla, residente a Roma, che ha confessato di preferire drink predinner più complessi ed amari, quasi stroncando il mix tra dolce e bitter del classico spritz arancione. Parole che hanno scatenato l’indignazione dei tanti consumatori di quella bevanda che negli ultimi 15 anni è diventata un vero status symbol dell’aperitivo italiano. Se gli avventori dei bar si sono scagliati in media contro le discutibili preferenze del palato anglosassone, la rivista “Food&Wine” si è apertamente schierata a favore di Aperol e dello spritz, al pari di vari esperti di beverage.

La polemica è divampata furiosa nel web e promette un lungo strascico, curiosamente nell’anno del centenario dell’apparizione dell’Aperol: nel 1919 i fratelli bassanesi Barbieri presentarono alla Fiera campionaria di Padova la loro creazione destinata ad un rapido successo. Ancor di più quando, dagli anni ’70 in poi, gli osti veneti iniziarono a mescolarlo al classico spritz, inizialmente composto solo da vino secco e seltz con scorza di limone. Oggi Aperol (marchio di proprietà del Gruppo Campari 2003) è uno degli aperitivi più esportati: in Germania è particolarmente richiesta la variante a 15 gradi, leggermente più forte. Certo, il bitter arancione non è sufficiente per creare uno spritz di qualità: serve un buon Prosecco, miscelato nelle giuste parti con gli altri ingredienti da un barman che sappia cogliere le caratteristiche di ogni singolo elemento. Ma l’accostamento ad un succo di frutta suona davvero azzardato ed irrispettoso.