La crisi provocata dal Covid 19 è uno shock senza precedenti per il mercato del lavoro del Veneto, non solo dal punto di vista quantitativo per posti di lavoro persi e ricorso agli ammortizzatori sociali ma anche dal punto di vista qualitativo. Ad accendere i riflettori sugli aspetti qualitativi del lavoro è l’ultimo report mensile dell’Ufficio di Statistica della Regione Veneto, dedicato al mercato del lavoro in Veneto prima e dopo il “ciclone Covid”.
Se prima della pandemia il mercato del lavoro in Veneto registrava più occupati e meno disoccupati della media nazionale, con ottimi indici di performance paragonabili ai livelli precedenti il crollo di Lehman Brothers, il ciclone Covid, con la chiusura delle attività economiche imposta dalle misure di contenimento del contagio, ha precipitato il mercato del lavoro del Veneto in uno scenario assolutamente inedito. Basta guardare alle ore di cassa integrazione guadagni per avere un’idea molto chiara delle situazione emergenziale che stiamo affrontando: in tutto il 2019 erano state concesse al Veneto 17 milioni di ore (Statistiche Flash) mentre nel solo mese di aprile 2020 ne sono state autorizzate 113 milioni.
Il settore che ha registrato una congiuntura più sfavorevole è quello degli alberghi, dei pubblici esercizi e delle attività similari; per questi lavoratori, nel solo mese di aprile sono state concesse il triplo delle ore di tutto il 2013, che per il settore è stato l’anno più duro della crisi economica finanziaria internazionale.
Il calo occupazionale è dettato principalmente dalle mancate assunzioni dei lavoratori precari e stagionali: secondo i dati di Veneto Lavoro, ad aprile 2020 i contratti di lavoro a tempo determinato sono crollati del 32% rispetto ad aprile 2019 e, fra questi, gli stagionali sono stati i più colpiti (-41%).