«Manca il flottante a garanzia di un regolare funzionamento del mercato»
La scossa in Piazza Affari spinge in basso i titoli bancari, perdite fino al 7%.

«Non sussistono i presupposti per garantire il regolare funzionamento del mercato». Con queste parole la Borsa Italiana mette la parola fine ad una delle quotazioni più travagliate della storia. Chiuse le porte di Palazzo Mezzanotte per la Banca Popolare di Vicenza. Non sono stati ritenuti sufficienti i numeri ufficiali dell’aumento di capitale diffusi nel weekend: il collocamento si era concluso con la sottoscrizione del 7,66% del totale. E il 4,97% era stato prenotato da un unico investitore, Mediobanca. Il Fondo Atlante deteneva così il 91,72% del capitale, gli azionisti preesistenti il 2,86%, il pubblico indistinto lo 0,36%, lo 0,10% da 9 investitori istituzionali. Troppo poco per convincere Borsa Italiana a dare il via libera. L’appuntamento con lo sbarco a Piazza Affari era stato fissato per domani. Saltato il collocamento, il Fondo Atlante, subentrato a Unicredit come garante dell’operazione, avrà una partecipazione nel capitale della banca vicentina pari al 99,33%. Atlante avrà un esborso di 1,49 miliardi di euro per un totale di 15 miliardi azioni a 0,1 euro ciascuna. La quota restante del capitale della popolare vicentina (0,67%) rappresenta le azioni in mano ai “vecchi” soci, che continueranno quindi a detenere titoli di una società non quotata.

Le conseguenze
Chi ha preso parte all’aumento di capitale non vedrà assegnate le azioni. Una decisione che ha trascinato giù tutto il listino, il particolare il comparto dei bancari in Borsa. L’indice FtseMib ha chiuso in calo dello 0,9% e fra le banche Unicredit perde il 3,6%, MontePaschi (-5,5%), Ubi (-4,9%), Mediobanca ( 2,8%). Calo più contenuto per Intesa Sanpaolo (-1,9%). Pesante invece quello del Banco Popolare: -7,3%. «Non c’erano le condizioni. Sostanzialmente non era garantita la correttezza degli scambi per lo scarso flottante», ha dichiarato Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana. «Non cerchiamo solo di far numero di società quotate». «Non mi aspettavo nient’altro. Se non c’era flottante era ovvio» ha aggiunto il presidente di Consob Giuseppe Vegas. «Non è detto che sia un brutto segnale. Dal male può anche venire una cosa buona, è una decisione del mercato e noi siamo ovviamente per il mercato». Immediatamente dopo la decisione di Borsa Italiana, Quaestio sgr ha confermato che il fondo Atlante metterà gli 1,5 miliardi necessari a salvare la Vicenza. Il fondo ha confermato che sosterrà «la ristrutturazione, il rilancio e la valorizzazione della Banca, avendo come obiettivo prioritario l’interesse dei propri investitori». E l’esito della mancata Ipo getta un’ombra anche sulla prossima operazione analoga che Veneto Banca dovrà lanciare a giugno, garantita da Banca Intesa e da altre nove banche di un consorzio firmato il 23 dicembre.

La rassicurazione
La Popolare di Vicenza «è in sicurezza e l’importante è questo», ha detto Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, la banca che avrebbe dovuto sottoscrivere l’intero inoptato senza l’intervento di Atlante; «L’importante è che la banca abbia capitale a sufficienza per poter lavorare tranquillamente e questo obiettivo è stato raggiunto», afferma «il tonfo delle banche dipende dal contenuto ancora poco chiaro delle misure varate dal governo per tagliare i tempi di recupero dei crediti. Il mercato aspetta delle informazioni precise», dopodiché «la reazione sarà positiva». Promuove Atlante anche Ennio Doris, patron di Mediolanum: «Ha fatto tutto quello che doveva fare per mettere al sicuro Popolare Vicenza»

Gian Nicola Pittalis

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